Il Museo del Mare di San Benedetto del Tronto è strettamente legato al territorio, la sua realtà agglomera tradizioni locali e sviluppo sostenibile. Il tema del patrimonio culturale e del suo legame con la comunità è forte e si percepisce grazie alla sua costante interazione con il contesto che lo circonda.
Introduzione
Il Museo del Mare raccoglie un’importante memoria storica locale, che ha il compito di conservare quello che le generazioni passate hanno vissuto, con l’intento di trasmetterlo alle generazioni future, creando una forte simbiosi e inglobando passato presente e futuro. La sede del Museo Del Mare è all’interno del porto. Alcuni laboratori sono collegati con le attività che ci sono nel porto. Ad esempio i bambini delle scuole possono assistere al mercato ittico all’ingrosso, che si svolge quando rientrano i pescherecci, la mattina presto: grazie ad una collaborazione con i servizi educativi del museo questo momento strettamente commerciale si apre agli spettatori, che incuriositi possono conoscere questa realtà lavorativa che da molti anni viene svolta all’interno del porto, nelle vicinanze delle quattro sedi museali che gli stanno intorno.
Un vero ecomuseo, nella definizione di Hugues De Varine
Il museo può annoverarsi a pieno titolo come ecomuseo nella definizione dello studioso Hugues De Varine, che affronta il significato e l’importanza del patrimonio culturale e approfondisce la concezione dello stesso considerandolo come un autentico DNA del territorio. De Varine argomenta il tema del legame con la comunità. Tra le tematiche centrali che diventano oggetto di studio del percorso museale, lo studioso cerca di definire le operazioni fondamentali che permettono l’avvio di tale percorso dando importanza al coinvolgimento degli abitanti che a loro volta possono fornire nuove chiavi di lettura, spesso nascoste, degli oggetti, del paesaggio o di una tradizione. Queste le parole di De Varine:
Inizia la visita: le sedi del museo
Arrivata a San Benedetto ho raggiunto la mia destinazione: al museo sono stata accolta dall’operatrice Tania Bonanno, che mi ha guidata illustrandomi l’aspetto storico del territorio sanbenedettese per poi proseguire con la collezione museale, concentrandoci sul lato tecnico in riferimento all’allestimento come caso specifico. La mattinata di visita è iniziata dopo un’introduzione generale: come mi ha spiegato Tania, a San Benedetto ci sono sei sedi museali diffuse nel territorio cittadino.
La Pinacoteca del Mare e la Villa Marittima
Partendo dal paese alto, ci sono la Pinacoteca del Mare, allestita nel 2009 nelle stanze del Palazzo Bice Piacentini – residenza dell’omonima poetessa sanbenedettese – e la Villa Marittima, dove gli scavi archeologici sono ancora in corso. Si prosegue poi nel porto dove si trova il complesso del Mercato Ittico all’Ingrosso e dove si trovano le altre 4 sedi, che affrontano il tema del mare ognuna trattando un aspetto differente. Il Museo del Mare mette in luce la costante interazione dell’uomo con la natura e con il territorio, rappresenta il contenitore che raccoglie la memoria storica di questa secolare relazione e ha il compito di conservare, valorizzare e trasmettere le sue peculiarità alle generazioni presenti e future.
L’Antiquarium truentinum
Abbiamo iniziato il nostro percorso con l’Antiquarium truentinum, con la sezione archeologica e quindi più antica, totalmente riallestita nel 2012, che racconta lo sviluppo del territorio dall’età del Bronzo, dal Ferro al periodo della romanizzazione per poi giungere all’epoca medievale.
Il Museo delle Anfore
La nostra visita è proseguita nel Museo delle Anfore istituito nel 1988 grazie alla donazione del Dott. Giovanni Perotti. Vi sono anfore di ogni epoca e stile, il percorso è ben organizzato perché c’è una suddivisione geografica e storica molto chiara. Molte anfore esposte sono il risultato di una scoperta casuale perché rimaste intrecciate nelle reti di pescherecci o frutto di ritrovamenti di archeologia subacquea. Nell’ultima sala c’è la ricostruzione in scala dell’ossatura di una nave romana ritrovata nei pressi di Marsiglia, che conferisce alla stanza molta teatralità. Qui gli ambienti sono molto spogli – al contrario dell’antiquarium – e illuminati con grandi lampare, nonostante i vari pannelli che specificano ogni tipologia di anfora, per esempio l’epoca storica e il suo utilizzo, mettendo in luce anche le numerose antiche usanze riguardo agli alimenti utilizzati per la sopravvivenza – a terra o durante la navigazione – che molto spesso le anfore contenevano. Per esempio la tipica zuppa di pesce marchigiana che in dialetto chiamiamo “brodetto” ha in realtà origini lontane e addirittura balcaniche. Oppure, alcune anfore contenevano coloranti preziosi estratti dai molluschi e poi usati per colorare i tessuti. Nonostante l’ambiente sobrio e l’allestimento minimale questi vasi sono di una bellezza unica e trasmettono una magia particolare, anche per la loro superficie ancora ricoperta da uno strato di conchiglie antichissime. In questa stanza non ci dimentichiamo di essere dentro il porto.
Il Museo Ittico «Augusto Capriotti»
L’atmosfera cambia quando ci spostiamo nel penultimo ambiente: il Museo Ittico «Augusto Capriotti» che comprende la conservazione di numerose specie marine. Il nuovo allestimento inaugurato nel 2019 e suddiviso per aree tematiche fa conoscere la diversità acquatica a partire dalla specie che abitano i fondali fino alla sala stereoscopica, che grazie ad animazioni in 3D, permette l’immersione virtuale nelle profondità del mare Adriatico. Molti animali sono imbalsamati, alcuni si possono osservare da vicino. Altri, per esempio alcune stelle marine o cavallucci marini, con la dovuta attenzione si possono toccare. Questa sezione mi ha impressionato molto positivamente per l’allestimento: suddivisa per tematiche, con scheletri di animali e con didascalie veramente esaustive. Qui ho trovato delle sale veramente ben gestite e con spazi utili per svolgere laboratori didattici, come mi ha confermato Tania.
Il Museo della Civiltà marinara delle Marche
La visita si è conclusa con il Museo della Civiltà marinara delle Marche che va a chiudere questo tour nel migliore dei modi, perché dopo aver conosciuto la storia e la fauna del mare ora qui vediamo come i cittadini hanno vissuto nel folto intrico di vie del centro storico. Qui le vite dei pescatori si svolgevano in una quotidianità di fatica e lavoro che coinvolgeva tutti, dalle donne ai bambini, come testimoniano le tante foto e gli oggetti usati per tessere le reti di canapa, che oggi sono invece realizzate in materiali plastici (e così diventano purtroppo anche trappole mortali per molti animali). Il lavoro dei funai, cioè di coloro che con la canapa tessevano le reti da pesca, animava la vita dei lavoratori di terra, la pesca era una delle fonti di sostentamento principali, il museo mostra la vita in mare e la commercializzazione del pescato, le attrezzature e molto altro. La particolarità che mi ha affascinata tantissimo è stata sapere che molti oggetti e foto sono state donate dai cittadini stessi, contenti di partecipare e dare il loro contributo al museo. Consiglio veramente la visita del museo. Il legame con il territorio in questa esposizione è ben illustrato, un allestimento che funziona benissimo. Si ha la sensazione di aver fatto un viaggio nel tempo. Alla conclusione del percorso chiudiamo la porta alle nostre spalle e proseguiamo sentendo ancora oggi i rumori che il porto regala in tutta la sua vitalità…
Alcune domande di approfondimento
Naturalmente, cari lettori, al termine della visita ho voluto approfondire ulteriormente questo interessante museo chiedendo informazioni su alcuni aspetti specifici alla mia guida:
Tania, qual è la mission del Museo?
Il Museo del Mare è un museo che comprende più sezioni e racconta il mare sotto tanti punti di vista e da tanti aspetti, quindi si parte dal contesto archeologico fino ad arrivare a quello più scientifico. Ed è un vero e proprio museo di comunità, perché racconta i cittadini e il territorio sotto diversi aspetti e di riflesso la comunità stessa si sente partecipe di questo museo e sempre di più come obbiettivo quello di rendere partecipi la comunità stessa attivamente, attraverso la cosiddetta “educazione informale” e l’“apprendimento permanente”. Il ruolo educativo cura l’approccio tra le nuove, le antiche generazioni e le future generazioni è quello su cui crediamo tantissimo. Considerando come valore la sostenibilità sia dal punto ecologico che dal punto di vista culturale lasciando alle nuove generazioni in mano il territorio così come lo abbiamo noi adesso.
Qual è un esempio significativo di buona pratica che il museo può rappresentare per le altre realtà museali?
Tania: Il museo svolge tantissime attività didattiche con le scuole e con le famiglie, ma oltre a questo pensiamo che siano molto importanti le attività di rete che facciamo nel territorio con gli altri musei e associazioni vicine, per esempio collaboriamo con il Circolo dei Sanbenedettesi e con alcune compagnie teatrali. A volte è capitato che in un evento fossero presenti insieme due o tre associazioni e quindi il museo agisse quindi come perno, come soggetto che unisce queste diverse realtà. Un altro esempio potrebbe essere quello di scoprire quello che si faceva un tempo e conoscere delle cose dal punto di vista della ecosostenibilità, quindi imparare dalle attività del passato per rispettare di più l’ambiente. Ci sono molti laboratori che svolgiamo con i bambini, dove affrontiamo queste tematiche. Ma anche nel Museo Ittico i bambini imparano a conoscere le specie, come i diversi animali vengono classificati e dove sono stati pescati. Ci sono anche delle attività con la capitaneria di porto che ci fornisce dei materiali che altrimenti verrebbero gettati, ma che invece noi possiamo utilizzare e far diventare un gioco.
Qual è il rapporto con il territorio?
Tania: il museo è strettamente legato al territorio, è fatto dalla popolazione stessa, perché racconta San Benedetto com’era e nel museo ittico i pescatori ci si rivedono e si sentono rappresentati appieno, per loro il museo del mare è il museo ittico. Un nuovo obbiettivo è quello di far conoscere il museo a tutti e tutte le sue sezioni. Con il territorio c’è un ottimo legame perché ormai siamo riconoscibili e abbiamo instaurato tantissime collaborazioni con le associazioni e i pescatori che sono qui sotto.
In che modo il museo cerca di essere inclusivo?
Tania: Allora uno degli obbiettivi di questa gestione è di rendere il museo sociale, in cui tutti si possono riconoscere e per questo facciamo molte attività con associazioni di categoria e non solo. Quindi parlare di inclusività, ma parlare soprattutto di partecipazione. Tutti devono poter partecipare al museo, quindi non si parla solo di barriere architettoniche, anche se dal punto di vista tecnico è accessibile a tutti grazie ad ascensori e rampe, il museo è accessibile a tutti anche per esempio con la traduzione dei pannelli in altre lingue ma anche con le attività che porta avanti con associazioni del territorio, ad esempio La sorda picena e l’Unione Italiana dei Ciechi e Ipovedenti sezione di Ascoli e Fermo. Abbiamo fatto dei corsi in cui siamo stati bendati per imparare a spiegare il percorso di visita in modo più efficace. Fortunatamente nel museo ci sono anche dei reperti che si possono toccare, con delicatezza. Facciamo anche delle visite sensoriali, dove si può approfondire la percezione attraverso un senso. Per esempio nel museo delle anfore ai bambini bendati si fanno annusare dei piccoli recipienti con olio e altre sostanze e ci si collega con la spiegazione a quello che veniva trasportato dentro le anfore.