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Art City 2024 Bologna e la mostra di Patrick Tuttofuoco «Abbandona gli occhi»

Arrivare a Bologna durante la 50ª edizione di Arte Fiera è stato molto entusiasmante, è proprio un appuntamento imperdibile – da segnare già sul calendario per il prossimo anno dal 31 gennaio al 2 febbraio 2025 –! La città sembra essere molto accogliente e in occasione di ART CITY Bologna 2024 (2-4 febbraio 2024) si è animata di molti eventi e mostre.

Arte Fiera ha registrato un importante traguardo festeggiando i suoi 50 anni, in questa edizione ha avuto più di 50 000 visitatori. Luogo di incontro tra collezionisti e Vip si respira un’atmosfera singolare. Tra il suo pubblico che comprende intellettuali in giacca di velluto, ci sono anche curiosi, collezionisti e semplici appassionati di arte contemporanea. Arte Fiera è suddivisa in due padiglioni, con proposte differenti che comprendono arte storicizzata e contemporaneo. Nella visita era possibile immergersi nella panoramica artistica delle gallerie storiche. Negli stand gli artisti, si mescolano ai visitatori ma se riconosciuti sono molto disponibili ad argomentare e spiegare le loro opere anche a chi chiedeva semplicemente informazioni. Nei vari padiglioni spiccavano nomi come Pietro Moretti, con quadri dai toni vividi e colori «fauves», i suoi dipinti hanno avuto un ottimo riscontro, i soggetti rappresentati comprendevano per la maggior parte, ragazzi, forse, molto giovani in momenti rilassati e conviviali. Poi Diego Gualantis, con il suo lirismo sospeso tra mito e sogno, Gianmaria Tosati, Federica di Pietrantonio, Daniele Galliano e Linda Carrara con la sua psicologia del paesaggio, dove accenni del reale gradualmente perdono la loro nitidezza. La riuscita dell’evento è sicuramente associata all’attraente proposta artistica delle prestigiose gallerie, che vi hanno partecipato con importanti progetti espositivi. La fiera permetteva anche momenti di pausa e ristoro con la possibilità di gustare un ottimo vino ed i famosi tortellini.

L’evento poi si è concluso con diverse premiazioni e riconoscimenti. Alcune opere selezionate entreranno a far parte della collezione del Mambo (Museo d’Arte Moderna di Bologna), per citare un esempio tra i vari riconoscimenti. Ma quando la visita alla fiera si conclude si può iniziare a girovagare nel cuore della città, nel circuito dell’Art Week Bolognese. Mai spegnere la curiosità! Dopo una giornata di intensa fiera il nostro tour ha avuto un’eccellente conclusione visitando una mostra che ho trovato entusiasmante! Un ambiente totalmente diverso dove i nostri sensi trovano una dimensione suggestiva e possiamo dare una trama tutta nostra alle opere esposte.

Patrick Tuttofuoco, «Abbandona gli occhi», veduta generale delle opere della Sala 1. In primo piano «Sleepers (Sense of Reality)», in secondo piano «Pink Limen« e sullo sfondo «Sleepers (Human Mind)»
Patrick Tuttofuoco, «Abbandona gli occhi», veduta generale delle opere della Sala 1. In primo piano «Sleepers (Sense of Reality)», in secondo piano «Pink Limen« e sullo sfondo «Sleepers (Human Mind)»

«Abbandona gli occhi», mostra di Patrick Tuttofuoco a cura di Davide Ferri, faceva parte del programma istituzionale di Art City Bologna. Visitabile fino al 18 Febbraio 2024 era allestita a Palazzo De’ Toschi, nella Sala Convegni di Banca Di Bologna (piazza Minghetti 4/D).

Le opere di «Abbandona gli occhi» danno forma ad un tema che da qualche anno a questa parte percorre il lavoro dell’artista. Come scrive il curatore:

«…della trascendenza, di uno stato di semi-coscienza e di abbandono capace di liberare suggestioni e punti di vista inediti da cui guardare alla quotidianità e al presente…. “quasi un corpo senza organi” citando Gilles Deleuze. Il titolo della mostra “Abbandona gli occhi” funziona dunque come un’indicazione allo spettatore ad abitare il campo energetico tracciato dalle opere, più che a guardarle…».

Davide Ferri
Patrick Tuttofuoco, «Abbandona gli occhi», veduta di due opere nella sala 1. In primo piano «Pink Limen» e sullo sfondo «Drop the Body»
Patrick Tuttofuoco, «Abbandona gli occhi», veduta di due opere nella sala 1. In primo piano «Pink Limen» e sullo sfondo «Drop the Body»

Davide Ferri, insieme all’artista, ha presentato la mostra, quindi era possibile visitare l’allestimento guidati proprio dalla loro introduzione. Particolare non poco determinante alla comprensione del percorso espositivo. Durante l’evento era possibile consultare il foglio di sala, ampiamente articolato, che si apriva con la presentazione del curatore e si concludeva con una conversazione a due tra l’artista e la critica Barbara Meneghel.

L’artista milanese Tuttofuoco realizza le sue opere con materiali industriali e sintetici, come luci al neon, ferro e plastica. La sua pratica mescola Modernismo e Pop ed è concepita come un dialogo tra l’individuo e la capacità di trasformare l’ambiente in cui abita, esplorando le nozioni di comunità e di integrazione sociale. L’artista spinge la figurazione verso l’astrazione utilizzando l’uomo come paradigma dell’esistenza, come matrice e unità della realtà. Da questo processo cognitivo e interpretativo si generano infinite versioni dell’essere umano e del contesto della sua esistenza, che si traducono in forme capaci di animare le sculture. Come in altre mostre dell’artista c’è l’inclinazione a coinvolgere lo spettatore ad abitare la mostra. Nell’esposizione di Patrick Tuttofuoco l’elemento che diviene protagonista è sicuramente la luce.

Patrick Tuttofuoco, «Abbandona gli occhi», veduta generale della Sala 1. In primo piano «Surrender your Eyes», in secondo piano sulla sinistra «Pink Limen» e sulla destra «Sleepers (Sense of Reality)», sullo sfondo «Drop the Body».
Patrick Tuttofuoco, «Abbandona gli occhi», veduta generale della Sala 1. In primo piano «Surrender your Eyes», in secondo piano sulla sinistra «Pink Limen» e sulla destra «Sleepers (Sense of Reality)», sullo sfondo «Drop the Body».

La luce, che attraversa lo spazio e conduce lo spettatore nel percorso espositivo come una sorta di guida. Ci si può domandare come un luogo così profano diventi parte di un «dove» nel quale la luce entra in rapporto con l’oscurità, forse per rappresentarne i valori complementari. Ci si orienta verso il simbolo, considerando la luce come un primo aspetto del mondo informale. Impegnandosi verso di essa, ci si impegna verso un cammino che sembra poter condurre anche al di là della luce stessa, cioè al di là di ogni forma ma anche al di là di ogni sensazione e di ogni nozione: «l’espressione dell’immaginario». La luce è anche il simbolo delle anime separate dal corpo.

Sala 1. Primo piano dell'opera «Pink Limen», 2024, Marmo rosa del Portogallo e acciaio, 55x120x190 cm
Sala 1. Primo piano dell’opera «Pink Limen», 2024, Marmo rosa del Portogallo e acciaio, 55x120x190 cm

Sembra proprio così, in effetti. Nell’osservare le sculture Pink Limen e in successione Surrender your eyes abbiamo l’impressione che anima e corpo abbiano vita propria. Pink Limen, la scultura acefala che ritrae il corpo dell’artista accasciato a terra – realizzata a partire da una scansione 3D, come descritto dal suo curatore – sembra un corpo senza organi, paragonato ad un involucro. La scultura si completa in una dimensione più astratta con l’opera Surrender your eyes.

Sala 1. Primo piano dell'opera «Surrender your Eyes», 2024, Marmo rosa del Portogallo e acciaio, 150x30x45 cm
Patrick Tuttofuoco, «Surrender your Eyes», 2024, Marmo rosa del Portogallo e acciaio, 150x30x45 cm. Primo piano dell’opera esposta nella Sala 1 della mostra «Abbandona gli occhi».

Una simbologia cristiana affiora nelle opere di Patrick, quella di Santa Lucia. La luce che stai guardando non la devi vedere ma percepire. La Santa che è venerata come icona cristiana, protettrice della vista, ne era priva in realtà. Una leggenda che la vede protagonista, descrive la sua bellezza troppo abbagliante e per questo portatrice di peccato. Da qui il suo famoso gesto, ricordato dalla leggenda di strapparsi gli occhi. Nella sua condizione di cecità la santa con la fede riprese la vista con un nuovo paio di occhi.

È qui che ora possiamo abbandonare il nostro corpo, per guardare alla vera luce di cui è fatto. Punti di vista inediti, ma è qui che i nostri sguardi diventano delicati e segreti di silenzio e di intimità. È qui che risiede il grande mistero dell’arte, per cui la forma e il contenuto dipendono l’uno dall’altro, in modi necessitanti ma assolutamente liberi. Sono dimensioni diverse, ma di una stessa linea.

Patrick Tuttofuoco, «No Space, No Time», 2019, Metacrilato, ferro, 90x120x70 cm.
Due primi piani dell’opera esposta nella Sala 2 della mostra «Abbandona gli occhi».

L’opera No Space, No Time ci attende alla fine del percorso. Il suo materiale è come gelatina che incastona colori sgargianti. Colori incapsulati che brillano di luce propria, la componente Pop dell’artista si percepisce molto forte. L’abbraccio coinvolge altre due figure. Nella scultura distesa orizzontalmente, ad un certo punto un taglio la divide. La scompone in due parti. L’opera è come spezzata. Perché tagliare in due questo abbraccio, come una ferita? La sua compattezza si ricompone ed è sottolineata dall’importante basamento. Per qualche secondo ci si sente in apnea. Il respiro si ferma. Ci sentiamo un momento a disagio, perché dividere questi corpi fusi insieme? Il nostro sguardo, si sposta e sprofondiamo nella parete che accoglie l’ultima opera: Surrender your eyes.

A sinistra: veduta generale delle opere nella Sala 2 della mostra «Abbandona gli occhi» di Patrick Tuttofuoco: in primo piano «No Space, No Time», sullo sfondo, a parete, «Surrender your Eyes (drawing)». A destra: primo piano dell’opera «Surrender your Eyes (drawing)» di Patrick Tuttofuoco, 2024, China su carta, acciaio, 56x43x13 cm

Il curatore della mostra Davide Ferri ha illustrato in modo veramente toccante l’allestimento. Io mi sono dimenticata dello scorrere del tempo. Una poetica veramente profonda, una mostra contemporanea che finalmente emoziona e fa sentire uno spettatore corpo davanti alle opere d’arte. L’uomo e la sua esistenza diventano protagonisti dell’allestimento. Un linguaggio espressivo che pur toccando un mito così antico come quello di Santa Lucia viene trasferito senza perdere la sua profondità in una dimensione immediata e moderna. Quando l’arte emoziona e lascia spazio ad una profonda ammirazione. Quello che ho sicuramente apprezzato è stata la scelta espositiva che ha creato una narrazione ben delineata, lo spettatore si sentiva a suo agio nel percorrere lo spazio e osservando le opere ho notato che tra di loro comunicavano benissimo creando un significato semantico.

Patrick Tuttofuoco, «Abbandona gli occhi». Patrick Tuttofuoco con Eleonora Giovagnoli all'interno dell'esposizione.
Patrick Tuttofuoco, «Abbandona gli occhi». Patrick Tuttofuoco con Eleonora Giovagnoli all’interno dell’esposizione.

L’ultima stanza custodiva l’opera veramente più interessante, sia dal punto di vista estetico che formale. I materiali usati, le luci i colori fluo sono calibrati e spiccavano molto bene nel contesto che hanno trovato. L’ambiente della banca adibito a mostra temporanea, con la sua sobrietà faceva balzare ancora di più le tinte fluo delle opere, attraenti per lo spettatore come quando gli animali sfoggiano il loro piumaggio più bello e colorato per mettersi in risalto e noi possiamo solo guardare e lasciarci trasportare.

Elenco delle opere in mostra:

Sala 1

Sleepers (Human Mind), 2024
Luce al neon e acciaio
200 x 200 x 50 cm

Surrender your Eyes, 2024
Marmo rosa del Portogallo e acciaio
150 x 30 x 45 cm

Pink Limen, 2024
Marmo rosa del Portogallo e acciaio
55 × 120 x 190 cm

Sleepers (Sense of Reality), 2024
Luce al neon e acciaio
200 × 200 × 50 cm

Drop the Body, 2021
Acciaio super mirror, neon
240 x 180 cm

Sala 2

No Space, No Time, 2019
Metacrilato, ferro
90 × 120 x 70 cm

Surrender your Eyes (drawing), 2024
China su carta, acciaio
56×43 × 13 cm

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