- Introduzione: l'importanza archeologica dell'area di Numana
- Intervista alla direttrice del museo Nicoletta Frapiccini
- L'Antiquarium Statale di Numana è stato ristrutturato e rinnovato nel 2018. Quali criteri sono stati seguiti?
- Il progetto è stato seguito anche da un architetto?
- Che cosa migliorerebbe o aggiungerebbe se potesse intervenire ora?
- Per la conservazione delle opere quali precauzioni sono state adottate? Per esempio il controllo dell'umidità?
- Il museo durante l'estate e in altri periodi dell’anno si occupa di educazione museale? Sono previste attività di laboratorio?
- Qual è la mission del museo?
- Come è interpretata l'accessibilità al museo?
- Gli abitanti della zona percepiscono nel museo un ruolo sociale, un servizio pubblico?
Introduzione: l’importanza archeologica dell’area di Numana
Il critico d’arte e filosofo francese Antoine Chrysostome Quatremère de Quincy già nella prima metà dell’Ottocento affermava che l’Italia è un museo a cielo aperto, ed ha iniziato ad esporre il problema della decontestualizzazione ed esposizione di reperti ed opere d’arte. Affrontando nuove problematiche ancora oggi molto attuali. Nella sua affermazione riferita al nostro territorio, considerato come un museo a cielo aperto per la ricchezza della storia e dei ritrovamenti possiamo includere sicuramente Numana. Questo paese si trova sulla costa marchigiana. Numana è situata nelle vicinanze del Monte Conero, anche se quest’ultimo – malgrado il nome – non ha l’altitudine propria di un monte ma piuttosto di una collina. È un territorio ricco di bellezze naturalistiche e storiche. Iniziando proprio da quest’ultime si può partire dal lontano periodo preromano dove appunto Numana era territorio piceno. Lo confermano i numerosi ritrovamenti risalenti ormai a più di 30 anni fa nella località: «I Pini».
L’interesse archeologico per quest’area, ubicata a sud-ovest dell’odierno centro di Sirolo a ridosso dello stadio statale verso Camerano, risaliva in realtà almeno al 1980 quando la Soprintendenza archeologica era intervenuta per bloccare alcuni lavori di sterro in vista della costruzione di un campo sportivo. In quell’occasione e nei mesi successivi era stato individuato un tratto di fossato anulare di un grande circolo. Nel 1982 Maurizio Landolfi scoprì 3 canalette romane per il deflusso delle acque, a testimonianza di una continuità di frequentazione dell’area per diversi secoli. Una volta sancito l’interesse archeologico della zona e ottenuta la concessione ministeriale per l’occupazione dei terreni si dovette dunque attendere il 1989 per l’inizio di nuove indagini a più riprese fino al 1997. Le vicende della campagna di scavo del 1989 sono ben note a tutti perché portano alla scoperta del grande circolo funerario denominato «Tomba della Regina». Considerato il contesto funerario più famoso e rappresentativo del Piceno. Nonché una delle tombe più ricche del VI secolo a.C. dell’archeologia europea. Scoperta che è ancora fonte di studio da parte di molti archeologi, che si confrontano sull’identità della defunta. Questa stimolante impresa è l’obbiettivo di un progetto di ricerca che riunisce il Römisch-Germanischen Zentralmuseums di Mainz, la Direzione Regionale Musei Marche e la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Ancona e Pesaro e Urbino.
Il resoconto della scoperta è veramente importante ed illuminante. La tomba appena rinvenuta è una delle più ricche dell’Adriatico per la quantità di gioielli, monili e vasi ritrovati. La donna deposta era sicuramente una figura di spicco e con una rilevanza sociale non indifferente. Lo scenario che è venuto alla luce è esposto nell’Antiquarium Statale di Numana, dove si possono ammirare anche altri reperti riferibili al periodo Piceno, interessanti esempi che espongono lo status piceno e le sue declinazioni più esotiche presenti a Numana. Urne e modalità di sepoltura testimoniano gli stretti rapporti con le aree istriana e daunia.
Il museo che fa da contenitore a questa esposizione è stato istituito nel 1974 durante i lavori di ristrutturazione del Museo Archeologico Nazionale delle Marche, che era stato danneggiato dal terremoto del 1972. La sua raccolta è costituita anche di ritrovamenti che spaziano dalla Preistoria fino all’età romana imperiale. Per comprendere meglio le particolarità di quest’area e dell’Antiquarium Statale di Numana che ne custodisce i reperti, abbiamo intervistato la direttrice del museo, la dottoressa Nicoletta Frapiccini.
Intervista alla direttrice del museo Nicoletta Frapiccini
L’Antiquarium Statale di Numana è stato ristrutturato e rinnovato nel 2018. Quali criteri sono stati seguiti?
Nel curare l’esposizione si sono seguiti criteri sia cronologico-topografici che illustrano la storia del territorio, sia tematici. La visita inizia partendo dal secondo piano, con una prima sezione dedicata alla Preistoria, dal Paleolitico inferiore attestato da alcuni antichissimi rinvenimenti sul Monte Conero, al Neolitico, l’Eneolitico e l’Età del Bronzo.
L’ultima vetrina espone invece i materiali che provengono dall’abitato di Numana, che sono pochissimi probabilmente perché la città è sorta nel luogo del sito antico, cancellandone quasi completamente le tracce. Il percorso prosegue con l’allestimento di sepolture maschili e femminili picene, a partire dalle più antiche, risalenti all’inizio dell’VIII a.C., fino all’età della romanizzazione, nel III sec. a.C., che illustrano le fasi salienti della civiltà picena, documentata a Numana da oltre 2000 tombe. I ricchi e interessanti corredi documentano i rapporti di questo fiorente emporio sia con la Grecia, sia con l’Etruria. La seconda sala espone i reperti di epoca romana, ritrovamenti sporadici dal territorio, tra cui si segnala una preziosa situla in marmo dalla raffinatissima decorazione a rilievo, databile all’inizio del II secolo d.C.. A conclusione del percorso sono esposti alcuni resti osteologici, per un focus specifico sulle informazioni desumibili dallo studio degli scheletri dei defunti, soprattutto per ciò che riguarda gli aspetti patologici, rivelatori di gesti e atteggiamenti abitudinari ricollegabili a possibili attività svolte dal defunto.
La visita prosegue al primo piano, interamente dedicato all’esposizione della Tomba della Regina, dove si privilegia un criterio espositivo tematico. Il corredo, straordinariamente ricco di centinaia di oggetti, documenta l’adesione di una defunta di alto rango della fine del VI sec. a.C. a rituali funerari e gusti greci ed etruschi, testimoniati da oggetti di produzione locale accanto a numerose importazioni. L’esposizione raggruppa nelle vetrine i reperti così come erano stati associati nelle due fosse di sepoltura.
Tre vetrine contigue presentano gli oggetti personali della defunta – gioielli, oggetti della filatura e tessitura, unguentari, un ventaglio, i sandali, le ruote di due carri – che erano stati deposti con lei. Altre due teche ospitano i reperti destinati al simposio: ceramica attica di importazione greca, vasellame in bronzo etrusco, greco-orientale e di produzione locale. Nella sala adiacente, un video molto suggestivo illustra la ricostruzione della tomba in 3D e, entro due vetrine, si possono ammirare alcuni oggetti della collezione Rilli, un medico collezionista numanese vissuto a cavallo tra ‘800 e ‘900.
Il progetto è stato seguito anche da un architetto?
Sì, nella riprogettazione siamo stati seguiti anche dall’architetto Cecilia Carlorosi, allora funzionario della Direzione Regionale Musei Marche.
Che cosa migliorerebbe o aggiungerebbe se potesse intervenire ora?
Questo museo è stato allestito nel 2018 in concomitanza a lavori che il Comune stava eseguendo sui locali e, successivamente, è stato implementato nel 2021, quando tornarono da Mainz alcuni reperti in bronzo, rientrati dopo un lungo e delicato restauro. Questi materiali sono compresi, infatti, in un progetto internazionale di restauro e studio, curato dal dottor Giacomo Bardelli. La ricchezza del territorio consente di cambiare continuamente l’allestimento, esponendo a rotazione i numerosi corredi funerari conservati nei magazzini del Museo Archeologico Nazionale delle Marche. In tal modo il visitatore può contare su un’offerta diversificata, che rende sempre nuova e interessante la visita e invita a ritornare all’Antiquarium. Quindi non modificherei fondamentalmente l’allestimento del museo, ma interverrei piuttosto sostituendo ciclicamente alcuni corredi, poiché l’esposizione si presta a essere flessibile.
Per la conservazione delle opere quali precauzioni sono state adottate? Per esempio il controllo dell’umidità?
Sì, sono state adottate alcune precauzioni sulla conservazione delle opere e sul controllo dell’umidità, in particolare nella teca dove viene conservata la phiale mesomphalos o «patera» in argento e oro, un piatto che serviva per le libagioni. Questo reperto, essendo molto delicato e facile a deteriorarsi, si trova in una vetrina in cui l’umidità è tenuta sempre sotto controllo, insieme ad altri oggetti d’argento: due fibule e tre anellini, che sono stati rinvenuti contestualmente. E comunque anche tutti gli altri reperti metallici sono sempre monitorati. Per migliorare questo aspetto, inoltre, stiamo lavorando a un progetto di climatizzazione dei locali che, essendo in una località di mare, sono soggetti ad essere umidi, anche se molto arieggiati.
Il museo durante l’estate e in altri periodi dell’anno si occupa di educazione museale? Sono previste attività di laboratorio?
Ai giovani delle scuole, ai ragazzi, ai bambini e alle famiglie sono dedicati specifici percorsi che naturalmente sono tematici e mirano ad essere accattivanti. Questi sono sempre completati da attività di laboratorio, che vengono espletate al museo con materiali che mettiamo a disposizione del pubblico. I laboratori consentono anche di riprodurre, in maniera semplice, quello che si è visto al museo e di appropriarsi delle suggestioni avute nel percorso museale. Durante i fine settimana ci sono anche visite diversificate, ideate per le famiglie, mentre ai bambini sono riservati percorsi dedicati, in modo da offrire agli adulti percorsi paralleli più consoni.
Qual è la mission del museo?
La mission dell’Antiquarium è promuovere l’archeologia del territorio e farne conoscere la storia millenaria. Territorio che comprende Numana e il Conero, denso di tante testimonianze. Quindi la mission è anche quella di intrecciare il contesto storico con quello geografico e naturalistico, importantissimo, del parco del Conero. Promuoviamo l’archeologia e facciamo conoscere i reperti che vengono da questo contesto straordinario, questo scrigno che è il Monte Conero, grazie anche alla rete creata con gli altri centri culturali del territorio, come l’Ente Parco del Conero, dove sorge l’Archeodromo, la Biblioteca Comunale e il futuro centro di studi e ricerche archeologiche che sta nascendo, l’area archeologica «I Pini» di Sirolo, curata dalla Soprintendenza.
Come è interpretata l’accessibilità al museo?
Il museo è anche una realtà che prevede l’inclusione di ogni tipo di pubblico. Nella struttura vi è il completo abbattimento delle barriere architettoniche per persone con disabilità motorie. Per quanto riguarda le disabilità sensoriali ci stiamo attrezzando con strumenti come il linguaggio dei segni, ad esempio, riprodotto in video esplicativi. Mettiamo a disposizione riproduzioni di reperti che possono essere toccate e offriamo una serie di percorsi arricchiti da laboratori nell’ambito del progetto «ArcHeoTime» ideati per persone con disabilità fisiche e psichiche in collaborazione con l’Associazione «Abitare il tempo». Quindi l’attenzione per questo pubblico è molto alta e abbiamo ottenuto un forte apprezzamento, per cui stiamo proseguendo con ulteriori attività anche per quest’anno.
Gli abitanti della zona percepiscono nel museo un ruolo sociale, un servizio pubblico?
Ruolo sociale e servizio pubblico direi di sì, in quanto abbiamo un tipo di approccio che non si rivolge soltanto i visitatori estivi o occasionali, ma coinvolge anche chi risiede sul territorio, cercando di interfacciarsi con le associazioni di questa realtà, come il FAI, i Club di servizio internazionale (Rotary, Lions, Inner Wheel, Fidapa e altre) e le associazioni professionali, che costituiscono un importante bacino di utenza non stagionale, bensì costante, per l’Antiquarium.